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LAVORI PUBBLICI – 16% NEL 2013, SETTE ANNI DI CALO – GIU’ LE GRANDI OPERE (-35% IN VALORE), TOTALE AVVISI – 10,7%

LAVORI PUBBLICI – 16% NEL 2013, SETTE ANNI DI CALO – GIU’ LE GRANDI OPERE   (-35% IN VALORE),  TOTALE AVVISI – 10,7%
Gennaio03

Pubblicato in: Articoli

Pubblicato da: Segreteria Agoraa

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LAVORI PUBBLICI – 16% NEL 2013, SETTE ANNI DI CALO – GIU’ LE GRANDI OPERE (-35% IN VALORE), TOTALE AVVISI – 10,7%

Altro che ripresa, il mercato dei lavori pubblici nel 2013 ha fatto registrare un nuovo crollo del 16% (in valore) rispetto al 2012. I dati del Cresme sui bandi di gara pubblicati fino al 20 dicembre rilevano infatti un importo di lavori pubblicati di 19.071 milioni contro i 22.907 milioni del 2012.

È il dato congiunturale più importante (e più trasparente) nell'analisi del mercato dei lavori pubblici, anche se di notevole rilevanza sono pure i dati relativi a stati più avanzati, come l'aggiudicazione di gara e ovviamente i pagamenti , che però difficilmente vengono resi pubblici.

 

Il quadro tracciato dal Cresme conferma - dopo sette anni consecutivi di flessione - i tratti drammatici di un settore in sfaldamento progressivo. Più contenuta la flessione se si prende in considerazione il numero dei bandi di gara pubblicati: 14.219 contro 15.925 (-10,7%). Questo diverso passo tra importo dei lavori pubblicati e numero di gare sta anche a significare che l'importo medio si è andato riducendo, passando infatti da 1,74 a 1,65 milioni di euro (-5,2%).

Una conferma indiretta della maggiore frammentazione arriva dalla ripartizione delle opere per fascia di importo: i maxibandi, di importo superiore a 50 milioni, sono quelli che hanno subito la flessione più forte, pari al 34,8%, fermandosi a 6,5 miliardi, un terzo del mercato. Sono lontani i tempi in cui le maxiopere superavano di gran lunga la metà del mercato e sfioravano i due terzi. Flessioni più contenute, tra il 7 e il 17 per cento, per le fasce dimensionali più piccole (fino a 15 milioni) mentre si fa largo con una crescita del 26,8% la fascia delle opere medie comprese fra 15 e 50 milioni. È anche l'effetto della frammentazione dei vecchi maxilotti in lotti più contenuti, secondo una linea politica che si è ormai affermata in Italia e in Europa.

 

Una conferma indiretta di questa analisi arriva prendendo in considerazione il dato dell'Anas (che però tradizionalmente pubblica a fine anno numerosi bandi e va quindi preso come dato provvisorio): l'importo delle opere messe in gara è crollato dell'80% passando da 2,9 miliardi a 583,7 milioni, mentre il numero dei bandi è sceso solo del 9,7%, passando da 513 a 463. Una svolta verso le piccole e medie opere: sappiamo, d'altra parte, che il 2013 è stato per la società stradale guidata da Pietro Ciucci un anno impegnativo (e positivo) su due fronti espressamente indicati dal Governo: il pagamento dei lavori pregressi, per cui è stato smaltito un consistente arretrato, e il rilancio della manutenzione stradale, per cui sono molte decine i bandi pubblicati, in seguito agli stanziamenti appostati dal "decreto del fare".

 

In forte incremento, sul versante opposto dello spettro, sono invece le ferrovie e le concessionarie autostradali: le prime fanno registrare un +53% di importi (e +7,4% di numero di bandi, quindi in controtendenza anche nella dimensione media dei lavori), mentre le concessionarie autostradali aumentano del 23,2% gli importi e riducono dell'11,6% il numero dei bandi pubblicati. Per le ferrovie c'è ovviamente una spiegazione tangibile di questi dati: le due gare del Brennero per il tunnel di base e per il sottoattraversamento del fiume Isarco si sono classificate rispettivamente prima e quarta nella classifica top delle gare 2013, con importi di 460 e 365 milioni. In totale 825 milioni, il 45% dell'intero importo messo in gara per opere ferroviarie.

 

Tra le altre categorie di stazioni appaltanti, va registrato il canto del cigno delle Province (+59,8%), le uniche a crescere insieme a ferrovie e autostrade. I segni meno delle altre sono distribuiti con intensità variabile: il crollo delle Regioni è il dato politicamente più significativo, ma certamente avrà pesato anche la tornata elettorale e il ricambio in alcune grandi Regioni (oltre al patto di stabilità). E a proposito di patto di stabilità, i comuni si confermano la categoria con la maggiore spesa per investimenti (4,39 miliardi) nonostante i vincoli di finanza pubblica senza troppi scossoni rispetto all'anno passato (-2,6%). Stesso discorso per le società pubbliche locali (-3,9%) mentre la flessione è stata fortissima per Asl e sanità pubblica (-35,3%) e per i consorzi ed enti industriali (-52,5%).

Un'altra analisi interessante è quella territoriale. Se il nord-ovest tiene (-0,6%), forse grazie alle 22 gare finora pubblicate per l'Expo 2015 ma certamente per l'exploit del Piemonte (+61,2%), il nord-est crolla, con una riduzione del 41,9%. Il flop principale viene dal Veneto che riduce l'importo messo in gara del 70% passando da 3,2 miliardi a 964 milioni. Interessante il dato del Mezzogiorno continentale che presenta una leggerissima crescita (+0,7%), forse anche per l'impatto (faticoso e comunque ancora molto limitato) della fase finale della programmazione Ue 2007-2013. Vanno bene Calabria (+44%) e Basilicata (+26%), male la Campania (-26%) e la Puglia (-15%). Il dato positivo è confermato dalla Sicilia (+12,7%) ma contraddetto dalla Sardegna che fa segnare un -51,4%. In forte flessione anche il centro Italia (-21,6%).

 

     

RIPRODOTTO DAL SITO INTERNET:  

EDILIZIAETERRITORIO - SOLE 24 ORE

DEL 30 DICEMBRE 2013

AUTORE: GIORGIO SANTILLI

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