Varianti in corso d'opera
Il Comunicato del Presidente del 24 novembre 2014, nell’illustrare gli esiti delle verifiche effettuate in attuazione dell’art. 37 del D.L. n. 90/2014 in merito alle comunicazioni obbligatorie dei dati sulle varianti in corso d’opera, formula alcune importanti osservazioni sul comportamento delle stazioni appaltanti, evidenziando le principali ipotesi di applicazione distorta dell’istituto della variante in corso d’opera.
TRASMISSIONE AD ANAC DEI DATI SULLE VARIANTI
Come noto, il decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90 ha affidato all’ANAC un nuovo potere di controllo sulle varianti in corso d’opera, per contenere il verificarsi di situazioni di illiceità ed irregolarità in relazione a detto fenomeno, accusato da molti di essere stato negli ultimi anni una delle principali cause di incremento dei tempi e dei costi di realizzazione delle opere pubbliche.
La versione iniziale della norma prevedeva l’obbligo di trasmettere all’ANAC tutte le varianti in corso d’opera ex art. 132, comma 1, lettere b) (per cause impreviste o imprevedibili o per la possibilità di utilizzare materiali, componenti e tecnologie non esistenti al momento della progettazione), c) (per eventi inerenti alla natura e specificità dei beni e rinvenimenti imprevisti e imprevedibili) e d) (sorpresa geologica, idrica o simili), del Codice, unitamente al progetto esecutivo, all’atto di validazione e ad apposita relazione del RUP, entro 30 giorni dall’approvazione da parte della stazione appaltante, per valutazioni e l’eventuale adozione dei provvedimenti di competenza.
In sede di conversione del decreto-legge è stato chiarito che l’obbligo riguarda solo gli appalti di importo pari o superiore alla soglia comunitaria, ed a condizione che le varianti eccedano il 10% dell’importo originario del contratto. Per gli appalti sotto soglia, la norma ha previsto che le stazioni appaltanti dovranno provvedere a dare comunicazione all'Osservatorio delle varianti in corso d'opera ex art. 132 del Codice, entro 30 giorni dall'approvazione. In caso di inadempimento è prevista l’applicazione delle sanzioni pecuniarie di cui all'art. 6 comma 11 Codice.
CASI DI APPLICAZIONE DISTORTA E RISCHI PER I RUP
In tale contesto si inserisce il comunicato in esame, che facendo seguito ai precedenti comunicati del 16 luglio e del 2 settembre 2014, si prefigge l’obiettivo di fornire alle stazioni appaltanti indicazioni sulle modalità di attuazione del nuovo obbligo.
In particolare il Presidente dell’ANAC ha illustrato sinteticamente le modalità di verifica e gli esiti delle analisi effettuate dall’Autorità su un campione di 90 varianti in corso d’opera, sulle 277 trasmesse dalle stazioni appaltanti in applicazione dell’art. 37 D.L. n. 90/2014 nella formulazione antecedente alla conversione in legge, al fine di evidenziare alcune ipotesi di applicazione distorta dell’istituto della variante in corso d’opera.
Nell’ambito dei comportamenti ritenuti anomali, l’ANAC segnala le fattispecie di seguito elencate (il testo integrale del comunicato è consultabile in allegato).
– Errore di progettazione: l’ANAC ha individuato una tendenza delle stazioni appaltanti a dissimulare l’errore di progettazione riconducendo la variante ad altre tipologie, presumibilmente in ragione delle conseguenze che l’accertamento esplicito di un errore progettuale fa discendere sul progettista, sul verificatore e sulla stessa stazione appaltante nonché in termini di aggravamento del procedimento e di contenzioso con l’istituto assicurativo che ha prestato la garanzia al progettista.
– Carente istruttoria sull’ammissibilità della variante ed incoerenza delle motivazioni: spesso nella relazione del RUP- cui spetta, ex art. 161, comma 7, del D.P.R. n. 207/2010, l’accertamento delle cause, delle condizioni e dei presupposti delle varianti in corso d’opera - la classificazione della variante in una delle fattispecie è espressa in termini meramente assertivi ovvero con motivazioni incoerenti (con un conseguente difetto di trasparenza da cui potrebbe anche derivare, se del caso, il reato di falso in atto pubblico nonché o l’applicazione della sanzione pecuniaria ex art. 6, comma 11 del Codice.).
– Varianti “in sanatoria”: non di rado le varianti sono approvate, di fatto, dopo l’esecuzione dei relativi lavori o in concomitanza con l’ultimazione dei lavori, al fine di regolarizzare le opere eseguite in sede di chiusura della relativa contabilità. Tale modus operandi contrasta con l’art. 162, comma 1, del D.P.R. n. 207/2010 (che vieta l’introduzione di qualsiasi variazione o addizione al progetto approvato se non disposta dal direttore dei lavori e preventivamente approvata dalla stazione appaltante ai sensi dell’art. 132 del Codice). In questi casi il RUP, con l’approvazione ex post dei lavori in variante, finisce per declinare alle proprie funzioni di controllo sulla conformità e coerenza del progetto in esecuzione e sulla sua copertura finanziaria, nonché ai propri compiti di vigilanza sull’ammissibilità delle varianti in corso d’opera, incorrendo nelle conseguenti responsabilità erariali e disciplinari.
– Variazioni falsamente migliorative: il ricorso a tale tipologia di varianti viene a volte effettuato per operare una compensazione tra le maggiori spese connesse all’introduzione di lavori aggiuntivi (o di nuovi prezzi) e la riduzione delle quantità o lo stralcio integrale di altre lavorazioni. In altre occasioni, l’effetto migliorativo ricollegato a tali tipologie di varianti risulta spesso insufficiente (cfr. sostituzione, a parità di costo complessivo, di materiali e tecnologie di progetto con altre meno pregiate e performanti).
– Variazioni in diminuzione proposte dall’impresa ex art. 162, comma 3, del D.P.R. n. 207/2010: spesso nella prassi sono riconducibili a soluzioni progettuali già perseguibili nell’originaria redazione, da cui deriva che la corresponsione del 50% delle economie all’appaltatore ai sensi della norma citata determina una maggiore spesa che poteva essere evitata con una migliore e più attenta progettazione.
– Non coerenza tra la consistenza della variante e i tempi aggiuntivi concessi: spesso la proroga dei tempi di ultimazione concessa dalla stazione appaltantenon appare proporzionata alle entità dei lavori aggiuntivi da realizzare.
– Assenza di nesso funzionale tra le opere in variante e quelle di progetto: in alcuni casi le varianti non sono strettamente necessarie all’esecuzione dei lavori, rappresentando piuttosto una prestazione ulteriore, eseguibile anche separatamente.
– Utilizzo del ribasso d’asta: si è riscontrata una tendenza delle stazioni appaltanti a disporre varianti il cui importo è molto prossimo al risparmio conseguito a seguito del ribasso d’astaofferto dall’impresa aggiudicataria, con ciò consentendo di fatto il recupero dello stesso.
– Variazioni sostanziali: rischiano di distorcere la concorrenza le varianti che introducono nuove categorie generali e/o speciali e numerosi nuovi prezzi rispetto a quanto previsto dal contratto originario.
– Commistione tra varianti e opere di completamento: è stata riscontrata la tendenza ad aggirare i limiti qualitativi e quantitativi posti dalla normativa vigente, spacchettando gli interventi inserendoli in parte in perizie di variante ed in parte affidandoli allo stesso appaltatore come lavori complementari ex art. 57, comma 5, lettera a), del Codice.
articolo tratto dal sito internet www.legislazionetecnica.it
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Pubblicato da: Segreteria Agoraa
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